È questa la storia di Cosimo Piovasco, barone di Rondò che, ragazzo, s’arrampica per una bizza sugli alberi, decide di non scendere più a terra e d’albero in albero caccia, combatte, studia, amoreggia e viene infine rapito da una mongolfiera.
L’azione fantastica ha per sfondo un tardo Settecento pieno di fermenti storici e culturali, e culmina con la Rivoluzione francese, le guerre napoleoniche e la Restaurazione. V’inter-vengono briganti, pirati barbareschi, gesuiti, frammassoni, dame galanti, sanculotti, cosacchi, e, in ultimo, Napoleone in
persona.
Anche in questo libro – come nel Visconte dimezzato e nel Cavaliere inesistente – il lettore ritroverà di questo scrittore il gioco delle grottesche e libere invenzioni, la vena avventurosa, la limpida visione della natura, la malinconia di quando «fa sul serio».
Altre opere di Italo Calvino nella Bibliomanipa:
Il sentiero dei nidi di ragno, Ultimo viene il corvo, L’entrata in guerra, Il visconte dimezzato Il cavaliere inesistente, La giornata d’uno scrutatore, La speculazione edilizia, La nuvola di smog e La formica argentina, Le Cosmicomiche, Ti con zero, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, Gli amori difficili, Le città invisibili, Il castello dei destini incrociati, Se una notte d’inverno un viaggiatore.
INCIPIT del Barone rampante Ed. Einaudi 1981
“Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi. Ricordo come fosse oggi. Eravamo nella sala da pranzo della nostra villa d’Ombrosa, le finestre inquadravano i folti rami del grande elce del parco. Era mezzogiorno, e la nostra famiglia per vecchia tradizione sedeva a tavola a quell’ora, nonostante fosse già invalsa tra i nobili la moda, venuta dalla poco mattiniera Corte di Francia, d’andare a desinare a metà del pomeriggio. Tirava vento dal mare, ricordo, e si muovevano le foglie. Cosimo disse: – Ho detto che non voglio e non voglio! – e respinse il piatto di lumache. Mai s’era vista disubbidienza piú grave.
A capotavola era il Barone Arminio Piovasco di Rondò, nostro padre, con la parrucca lunga sulle orecchie alla Luigi XIV, fuori tempo come tante cose sue. Tra me e mio fratello sedeva l’Abate Fauchelafleur, elemosiniere della nostra famiglia ed aio di noi ragazzi. Di fronte avevamo la Generalessa Corradina di Rondò, nostra madre, e nostra sorella Battista, monaca di casa. All’altro capo della tavola, rimpetto a nostro padre, sedeva, vestito alla turca, il Cavalier Avvocato Enea Silvio Carrega, amministratore e idraulico dei nostri poderi, e nostro zio naturale, in quanto fratello illegittimo di nostro padre.
Da pochi mesi, Cosimo avendo compiuto i dodici anni ed io gli otto, eravamo stati ammessi allo stesso desco dei nostri genitori; ossia, io avevo beneficiato della stessa promozione di mio fratello prima del tempo, perché non vollero lasciarmi di là a mangiare da solo…”